Shizune

parte 2

 

Il concerto capitava in un lunedì a metà Ottobre.

Mauro era tutto esaltato, saltellava per tutta casa cantando sguagliatamente tutte le canzoni una ad una. Nel mentre io mi preparo. Cerco il posto ma non ci capisco nulla, capisco solo che c’è scritto trattoria. Faccio finta di niente e ripiego nel scrivere l’indirizzo su un foglietto. Cerco anche gli altri due gruppi, uno era greco e riesco a trovar qualcosa. L’altro da Feltre, penso: “Montanari, saranno matti”. Il nome non mi era nuovo Storm{O}, suonava bene ma da quello che ero riuscita a sentire era solo rumoraccio tipo una motosega accesa. Riusciamo ad uscire da casa verso Zerobranco. Ci perdiamo più volte, alla ricerca di un tabacchino. Sembrava che nessuno in quel paese fumasse. Nonostante ciò siamo riusciti ad arrivare a quello che oggettivamente è una trattoria. Si svoltava a destra, poi a sinistra, dopo un semaforo si imbocca una via stretta e lunga. Lì lungo quella stradina sulla sinistra c’è un parcheggio. “Destinazione raggiunta!” dice la voce del TomTom.

Fermiamo la macchina, io un po dittubante, Mauro sempre nel pieno dell’esaltazione. La trattoria sembrava un casolare di campagna. Molto ampio, con il soffitto basso e una tettoia lungo tutta la parete. Sotto la tettoia c’era un tavolo imbandito con una ventina di persone, vestite tutte di nero, che stavano ancora mangiando. Prima di partire non avevo guardato che ore fossero, avevo solo obbedito. Ho guardato ma ormai erano le 21:30 più o meno. Cosa stavano facendo ancora lì seduti? Ma poi dov’è che dovrebbero suonare?! In quel momento non avevo nessuna voglia di uscire dalla macchina. Mauro mi convinse dicendomi “Ti offro una birra, dai son dei bei uomini! Guarda quante barbe! Ok, guido io al ritorno”.

[Lui sà quando gli uomini barbuti mi stanno a cuore. Un mio caro amico ha fatto la raccolta delle frasi più brutte da dire riguardo alle uomini-barbe tipo: “Se tuo padre non ha la barba, hai due madri”.]

Lentamente ci siamo avvicinati all’entrata. Come animali quando stanno per attaccare. Tutti si voltarono. Ci siamo dati uno sguardo di approvazione e siamo andati diretti all’interno per cercare il bar. Chiaramente abbiamo sbagliato porta e siamo entrati nella stanza dove avrebbero suonato, intuibile dalla mole di strumenti accatastati in un angolo. Una stanza che poteva sembrare il soggiorno di casa mia.

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