Matiz Chervrolet

Parte 1

 

Arrivo a Padova, vedo le solite facce. Il solito giramento di coglioni. “Ciao come stai?”, le solite domande inutili e le solite risposte non da meno. Mi sono subita un ora di riunione con persone che dicevano: “Quì ci vuole serietà!”. Mi sembrava una frecciatina ben mirata, visto che mi si accusava per email di non averne. Almeno alla fine mi è stata offerto da bere, anche se dovevo evitare di accettare. Al primo sorso ero pronta a fare il mio discorsetto, il mio stomaco invece era pronto per una battaglia interna. Ho rinunciato, addirittura scusandomi. Ho salutato e me ne sono andata sconfitta.

Ho preso l’autostrada verso casa. Ad una altezza non proprio chiara mi viene da vomitare, non dovevo bere quello spritz. Trattengo, sforzo vano. Decido di accostare sulla corsia d’emergenza.

Troppo tardi, stavo già vomitando dal naso.

Mi vomito sulle gambe mentre cerco di fermare la macchina e aprire la porta. La macchina, con un mese di vita, sbatte sul guard rail a destra. Avevo ancora tutto sotto controllo. Finisco la prima sessione di vomito e mi rendo conto di averci fatto un bagno così decido di togliermi pantaloni e felpa dopo aver controllato l’ammaccatura. “Adesso mi riprendo e vado a casa, pulisco tutto”, mi dico. Non me ne ricordo esattamente il motivo ma controllo dov’è il biglietto per pagare il pedaggio, non lo trovo ed entro in pieno in un attacco di panico. Telefono a Mauro in lacrime. Gli dico: “Non so che cazzo ho fatto, mi son vomitata addosso, ho sbattuto la Matiz, non trovo il biglietto! La mamma mi uccide!Non so che cazzo fare! Non dire niente ai genitori!” e lui mi risponde di dirgli dove ero e arrivava. Ho cercato di capire e gli ho spiegato. Ho sbagliato sicuramente coordinate perché da quanto ho capito dalle sue telefonate mi stava bestemmiando dietro. Ce l’ha fatta a raggiungermi, non so come ci fosse riuscito. Quando mi telefonava io piangevo a singhiozzi isterici e non dicevo nulla.

Mi ha trovata che camminavo in mutande attorno alla macchina, ero congelata dal freddo. Io non mi ricordo neanche se passavano le macchine o se qualcuno si è fermato per aiutarmi, ricordo qualche camionista mi ha suonato dietro e io li mandavo a fanculo.

Mauro mi ha messo la sua giacca calda e mi ha chiuso dentro la sua macchina ed in due minuti ha trovato il biglietto. Esattamente dove lo avevo messo.

Il giorno dopo mi arriva un email con scritto: “…Per questo, per il fatto che vanno operati tagli, per il fatto che più volte hai dimostrato il tuo disinteresse nei confronti sia delle dinamiche della radio, sia del gruppo che di chi organizza… Mi tocca dirti che non posso più tenerti come fotografa. Ho bisogno di persone che s’impegnino e su cui so di poter contare…Mi spiace sia andata così, ma non è certo colpa mia. Ciao, Paolo”.

Perché non son restata a casa o non son rimasta alla riunione a vomitare?!

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